
Turin
Elegante e riservata, colta e attenta alle sollecitazioni del mondo contemporaneo non è mai appartenuta a se stessa. La Torino dei Savoia, la Torino della Fiat, dell’Einaudi o della Juventus: la prima capitale d’Italia ha sempre dovuto lottare per la propria identità. Senza per questo rinnegare il dna di città imperniata sull’etica del lavoro, tenace, misurata, a tratti austera, espressione di un benessere e di una felicità mai sbandierate ma velate di pudore. Una città dal temperamento antico, con i suoi riti, le buone maniere, i portici protettivi, le piazze trionfali e i caffè caldi di chiacchiere e bicerin. Eppure mai come negli ultimi anni Torino ha cercato di smentirsi, di spazzare gli stereotipi che la volevano grigia, magica, polverosa, industriale, museo di se stessa. Cambiando passo e cambiando look si è scoperta vitale, giocosa, innovativa, eccitante, volitiva, sicura delle proprie scelte. Finalmente se stessa vincendo l’azzardo delle Olimpiadi invernali del 2006, Torino non ha inseguito modelli estranei alla propria indole, non si è rifatta il trucco ma ha messo a nudo la propria anima e la sua voglia di non essere uguale a nessun’altra.
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